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Prodotti Tipici dell'Umbria

ANGUILLA DEL TRASIMENO
L’anguilla del trasimeno ha un corpo allungato, serpentiforme, rotondeggiante nella parte anteriore e compresso in quella posteriore. Coperto di piccole squame e abbondante muco.
Può assumere vari colori, dorsalmente può essere bruno/verdastra, grigio/brunastra o nerastra, sul ventre bianca/giallastra. I maschi hanno delle dimensioni che vanno dai 35 ai 50 cm, le femmine dai 100 ai 150 cm. Carni ottime, pregiate, grasse e saporite. La stagione adatta alla pesca è l’estate e l’autunno. Le tecniche di pesca usate sono il tofo, tofone, fila, palamite (attrezzo da pesca formato da un insieme di ami montati ad intervalli regolari su un cavetto chiamato trave, per mezzo di spezzoni di filo chiamati braccioli).
Per esca viene usato il lombrico, il gamberetto, il latterino, la lasca e la tinchetta. Si pesca anche con canna da fondo – filo: 0,25/0,35 – ami: m. 6/9. La pesca viene effettuata al crepuscolo o di notte. Spesso dopo la pesca viene lavorata in laboratori artigianali annessi ai punti vendita autorizzati, seguendo queste fasi: decapitazione, eviscerazione, spellatura, confezionamento, congelamento in tunnel ventilato, stoccaggio in celle frigo (18°c).

CAPOCOLLO
Il capocollo ed il lombetto sono due prodotti molto apprezzati della norcineria umbra, particolarmente graditi per preparare antipasti, oppure per farcire la torta di pasqua e quella al testo.
Del resto, la loro preparazione cominciava intorno a natale, quando la temperatura fredda permetteva di iniziare la macellazione, prolungando poi la stagionatura nei mesi freddi dell'inverno e dell'inizio primavera.
Verso marzo-aprile, cade la ricorrenza pasquale ed i riti della chiesa si fondevano con i ritmi della natura.
Adesso, grazie alle celle frigorifere, è possibile conservare tali prodotti ( e non solo essi) per tutto l'anno, per cui il loro consumo si è destagionalizzato, è quindi frequente consumare la torta di pasqua con il capocollo anche in agosto.
Tipico della norcineria umbra, il capocollo risulta particolarmente apprezzato per il gusto saporito e la marezzatura della carne. Nell'alta valle del tevere si chiama "scalmarita"; in regioni limitrofe è possibile reperire un prodotto con caratteristiche simili, denominato coppa.
Tuttavia il capocollo umbro si differenzia per il processo di preparazione, che prevede la fase di salatura, pepatura e la successiva fase di aromatizzazione con pepe e coriandolo e la legatura del capocollo, che viene incartato con "carta oleata" e "da macello", la quale permette di mantenere le sue caratteristiche nel tempo.
Un'alternativa alla carta è rappresentata dal budello gentile, parte terminale dell'intestino. Un indice di qualità dei prodotti è la consistenza che diviene più tenace all'aumentare del periodo di stagionatura, la quale dovrebbe avvenire al naturale, in grotte e cantine, secondo la tradizione artigianale.
Ancora più pregiato del capocollo, almeno secondo alcuni, è il lombetto, realizzato appunto con i lombi, vale a dire la parte più pregiata del suino. Esso è riconoscibile per la quasi assenza di parti grasse e per il colore delle parti magre, che con la stagionatura tende a scurirsi.
Una tecnica particolare di conservazione del lombetto è sott'olio, tagliando l'insaccato in fettine di tre-quattro millimetri, che vengono poi stratificate in barattolo di vetro e coperte di olio extravergine di oliva, arricchito di bacche di ginepro e foglie di alloro. Così facendo, la carne si mantiene morbida e può essere consumata dopo molte settimane.

FAGIOLO DI CAVE
Il fagiolo di Cave (Phaseolus vulgaris) nella varietà “Verdino di Cave” e “Giallo di Cave” viene coltivato nei terreni irrigui della frazione di Cave (Foligno), costeggianti la sponda destra del fiume Topino.
Il totale della superficie potenzialmente interessata è di circa 100 ha.
E’ un fagiolo “da sgrano” di taglia medio/piccola (lunghezza mm 12/18, peso 0,5 gr. Ca), di forma ovoidale allungata. Nel tipo “Verdino” il colore varia dal verde chiaro (appena raccolto) all’avana chiaro (secco).
Nel tipo “Giallo” il colore oscilla tra il giallo/bruno e l’ocra chiaro. Oltre al sapore gradevole, peculiari caratteristiche sono l’elevata digeribilità e la facilità di cottura dovute alla sottigliezza della buccia. Tale qualità si deve al terreno, fertile e povero di calcare.
La semina avviene nei mesi di Maggio/Giugno (usualmente in successione a colture di grano/orzo), a mano (tecnica detta “a postarelle”con 4/5 fagioli su buche distanti circa 40 cm) o con seminatrice (1 fagiolo ogni 5/7 cm).
La coltivazione si caratterizza per l’assenza di trattamenti con concimi chimici, pesticidi o diserbanti.
La sarchiatura è meccanica. L’irrigazione è a solco.
La raccolta avviene in una sola volta, nei mesi di Agosto/Settembre, a baccelli secchi, mediante falciatura delle piante e seguente “battitura” in aia. Data le ridotte dimensioni degli appezzamenti talioperazioni vengono svolte in prevalenza manualmente.
L’essiccazione è ottenuta lasciando asciugare i fagioli in locali ampi e aerati.
La conservazione è possibile fino all’anno successivo alla raccolta, in barattoli di vetro o sacchetti di plastica, senza aggiunte di conservanti.

BARBOZZO O GUANCIALE
Il barbozzo è il risultato della conservazione sotto sale e pepe delle guance del suino. Simile alla "ventresca tesa", presenta un maggior contenuto in grasso e ciò lo rende ancor più indicato per la preparazione di sughi e cibi saporiti.
assai apprezzato dagli intenditori è il barbozzo di cinghiale o di suino allevato al pascolo, poichè, durante la vita allo stato brado, gli animali crescono più lentamente, mangiano alimenti saporiti e per procurarsi il cibo sviluppano particolarmente i muscoli dell'apparato masticatore, "grufolando" nel sottobosco e sui prati.
Il prodotto che si ottiene presenta pertanto una maggior presenza di parti magre. Normalmente venduto al pubblico con la cotenna ancora ricoperta di setole, il suo utilizzo in cucina è oggi notevolmente ridotto.

PICI
Si tratta di un tipo di pasta, simile agli spaghetti, che sta conoscendo un notevole successo, e che testimonia la sobrietà e la semplicità della cucina umbra di un tempo. Bisogna ricordare che, fino ad un po' di anni fa, le uova venivano adoperate, anche in campagna, con molta parsimonia: esse erano in genere vendute in città, oppure al sensale e ne rimanevano ben poche per il consumo familare.
La pasta all'uovo, magari le tagliatelle, con la sfoglia stesa a mano col matterello, si gustava solo in poche occasioni di festa, mentre negli altri giorni la pasta era fatta solo di acqua e farina.
La lavorazione è laboriosa, ma il risultato è ottimo.
Dopo aver realizzato il normale impasto, si ricavano dei pezzi che, spianati fino a mezzo centimetro di spessore, vengono poi affettati da uno speciale piccolo matterello di legno scannellato; ogni singolo pezzo viene quindi allungato e affusolato con le mani, fino ad avere gli "umbricelli".
Nel Ternano, gli umbricelli con qualche variante prendono il nome di "ciriole" e nello Spoletino "strozzapreti". C'è chi li chiama "stringozzi" ed anche "strangozzi". Secondo alcuni, il nome potrebbe esser dovuto al fatto che tale pasta, di forma allungata, ricorda un stringa per scarpe, una sorta di laccio, che poteva essere usato anche per strangolare i preti.
Va infatti ricordato che l'Umbria, pur essendo terra di Santi, è stata per secoli sotto il dominio papale, per cui era assai sviluppato un forte sentimento anticlericale.
In quel di Gubbio, si produce un tipo di pasta dalla forma simile alle tagliatelle, detta "rondoloni", che nei negozi di pasta fresca si trova adesso tutto l'anno.
Il tipico condimento degli strangozzi era con un sugo di pomodoro, reso un po' piccante dal peperoncino e aromatizzato dal prezzemolo, ma ovviamente oramai vengono proposti nei ristoranti dell'Umbria con ogni tipo di salsa.
Per chi volesse anche provare nuovi sapori, in commercio si trovano anche umbricelli o strangozzi ai gusti più diversi: al tartufo, alle ortiche, al pomodoro, ecc.

RICOTTA
La ricotta rappresenta un prodotto dal sapore delicato, particolarmente diffuso nelle aree tradizionalmente vocate alla pastorizia.
Dopo aver ricavato la pasta per pecorino, il liquido rimasto nella caldara, chiamato scaciatu, ricco di lattoalbumina, viene fatto riscaldare sul fuoco a 90-92 gradi, fino alla comparsa dei fiocchi di ricotta. Questi vengono schiumati e versati nelle fuscelle di giunco, che favoriscono la scolatura del rimanente liquido: la scotta.
Nella medicina popolare, con quest'ultima si fanno bagni o impacchi, per curare distorsioni e fratture.
In alcuni casi ed aree, al posto delle fuscelle sono usati dei piccoli sacchi di canapa a forma di imbuto, che permettono al siero di scolare nel tempo e favoriscono così la stagionatura per la produzione di una ricotta salata dal sapore più intenso.
Oggigiorno, accanto ad una maggior gamma di prodotti a disposizione (ricotta di pecora, mista, pastorizzata, ecc.), la produzione artigianale fornisce prodotti aromatizzati alle erbe, al peperoncino, al tartufo, nonché diversi tipi di ricotte stagionate (sotto cenere, con crusca, con liquore, ecc.), che recuperano antichi sapori e tradizioni dell'Umbria e delle Marche.
Ancora oggi, la ricotta è presente in alcuni riti e tradizioni delle popolazioni della Valnerina e della dorsale appenninica umbra.
A Cascia ad esempio, nel giorno della festa di S. Antonio abate, il 17 gennaio, vengono distribuite alla popolazione porzioni di ricotta condita con liquore, così come in molte frazioni circostanti, nel giorno dell'ascensione, i pastori offrono ai paesani la cagliata o giuncata.