Plinio il Vecchio la
classifica come una città degli Umbri, e il nome latino
Trebia potrebbe derivare dalla radice umbra treb-,
componente delle parole che in quella antica lingua
indicavano casa, costruzione, costruire. La sua esistenza,
prima della dominazione romana, è testimoniata anche dalla
"stele di Bovara", con iscrizione arcaica, rinvenuta di
recente, ma nel suo territorio stanziarono civiltà
preistoriche, come attestano ritrovamenti del paleolitico.
Acquistò grande rilevanza quando, in età imperiale, fu
ripristinato l'antico corso della Flaminia e si sviluppò in
pianura, in località Pietrarossa, una vera civitas con
edifici monumentali di cui rimangono numerosi resti, mentre
sul colle seguitò a sussistere l'arce fortificata con
robuste mura del I secolo a.C., tuttora visibili. In antico
aveva giurisdizione anche su "ville" di montagna a est e su
gran parte della valle sottostante, attraversata dalla
Flaminia e solcata dal Clitunno, allora navigabile. Fu sede
vescovile fino all'XI secolo. Con il dominio dei Longobardi,
che istituirono il potente ducato di Spoleto, Trevi fu
assegnata a un gastaldo. Agli inizi del XIII secolo si
costituì in libero comune, che alleatasi con Perugia per
difendersi da Spoleto fu, con alterne vicende, in lotta con
i comuni vicini, ottenendo il libero governo soltanto nel
1389. Subì il dominio di vari capitani e, segnatamente, il
funesto vicariato dei Trinci di Foligno fino al 1438 quando,
tornata al diretto dominio della Chiesa sotto la legazione
di Perugia, seguì le sorti dello Stato Pontificio fino
all'unificazione. Nel 1784, da Pio VI, fu reintegrata al
titolo di città
Il territorio del comune si estende dal fondovalle (210 m
s.l.m.) ai monti Brunette (1.422 m) e Serano (1.429 m), e si
può equamente ripartire in tre zone distinte di pianura,
collina e montagna, ricoperte da vegetazione altrettanto
differenziata. In pianura, i terreni fertilissimi e ben
irrigati da numerosi corsi d'acqua, anticamente occupati in
gran parte dal "lacus Clitorius", si prestano alla semina di
specie annuali. La collina, di calcare alcalino molto
"sciolto" e quindi molto drenante, è l'ambiente ideale per
la coltivazione intensiva e altamente specializzata
dell'olivo, che dà un olio tipico e molto pregiato. La
montagna infine è ricoperta di boschi, in massima parte
cedui, e prati.
Tutto il territorio offre straordinarie risorse
naturalistiche e ambientali, nonostante sia intensamente
antropizzato, poiché è abitato da millenni, compresa la zona
montana ormai spopolata
Da vari decenni, infatti, si registra l'abbandono degli
insediamenti alle quote più elevate e l'aumento demografico
delle località di pianura, fenomeno ormai generalizzato.
L'espansione più consistente, iniziata nell'immediato
dopoguerra e tuttora in atto, interessa principalmente Borgo
Trevi (attività commerciali, uffici e abitazioni),
Pietrarossa (zona industriale) e Matigge (artigianato,
piccola industria, commercio).
Fiumi e canali, tutti di modesta portata, scorrono in
direzione Sud–Nord e confluiscono in un unico collettore nei
pressi di Bevagna. Il loro corso è il risultato di secolari
opere di bonifica, documentate già dal tempo del re
Teodorico (VI secolo) e protrattesi fino ai giorni nostri,
quando fu costruita la diga per regolamentare le acque
meteoriche del torrente Marroggia, che era soggetto a
frequenti e disastrose esondazioni.
Il maggiore dei corsi d'acqua di portata regolare è il
Clitunno, alle cui acque venivano attribuite proprietà
miracolose, tanto da essere deificato in epoca romana e
cantato da numerosi poeti, dai classici latini fino al Byron
e al Carducci.